LE CARTOLINE DI JSF: LE CITTA' D'ITALIA
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CARTOLINE D'ITALIA

- Le città d'Italia -

In questo mese:

Sardegna: Bosa (NU) JSF 1975
Trentino Alto Adige: Moena (TN) JSF 1977/1978/1980
Abruzzo: Montorio al Vomano (TE) JSF 1981
Campania: Palinuro (SA) JSF 1988
Toscana: Pisa (PI) JSF 1967
Lombardia: San Pellegrino Terme (BG) JSF 1992
Basilicata: Tursi (MT) JSF 1993

Bosa

BOSADi origine preistorica, scalo fenicio, colonia cartaginese e poi centro romano, andò in rovina verso i secolo IX-X per via delle incursioni saracene. Tra la fine del secolo XII e gli inizi del XIII fu eretta a sede vescovile e dal 1308 passò dai Malaspina ai giudici d'Arborea che la cedettero agli Aragonesi (1323). Durante la dominazione spagnola fu feudo dei Moncada e nel 1556 fu aggregata alla corona. Dal 1807 al 1821 è stata capoluogo di provincia. Unica cittadina sarda dotata di un porto fluviale, sorge prima della foce del Temo, in una bella conca a qualche chilometro dal mare, tra Alghero e il promontorio del Sinis. Il centro, costruito sul pendio di un colle, ha origini antichissime, e conserva tracce fenicie e romane. Percorso da una serie di stradine tra il fiume e il colle, il borgo è dominato dal castello dei Malaspina, di cui restano la panoramica cinta muraria. Poco fuori dall’abitato, sulla riva del Temo, sorge la chiesa romanica lombarda di S. Pietro extra Muros, con un nucleo del sec. XI e interessanti interventi architettonici dei secc. XII-XIII: la parte centrale della chiesa risale al sec. XI, mentre la facciata, in stile gotico, fu aggiunta nel 1200. Oltre alla chiesa di S. Pietro, Bosa conserva il castello di Serravalle (secolo XII-XIII), uno dei più interessanti e grandiosi dell'isola. L'economia si basa sulla produzione agricola (olive, uva, ortaggi, frutta e sughero), l'allevamento, la pesca e l'artigianato del ricamo. Il turismo balneare è diffuso a Bosa Marina.

Moena

MOENAVilleggiatura estiva e sport invernali sono l’attrattiva di questa località all’inizio della Val di Fassa adagiata in un fondovalle percorso dall’Avisio. Orti e frutteti si alternano a declivi erbosi incorniciati da boschi con, sullo sfondo, i gruppi del Sassolungo e del Catinaccio. S. Volfango vi ha dedicata una chiesetta medievale con affreschi di gusto popolare del ‘400. Al passo di San Pellegrino, poco distante, si può sciare o effettuare passeggiate in una bella sella prativa. L'economia si basa sulla produzione di patate, ortaggi, sulla lavorazione del legno, frutta e foraggi.

Montorio al Vomano

MONTORIO AL VOMANOMontorio al Vomano è uno dei paesi più interessanti e più ricchi di storia della provincia teramana. E' situato a 15 km da Teramo ad una altitudine di 264 m s.l.m. e la popolazione è di 9000 abitanti. Il suo territorio è in montagna per piccola parte, per la maggior parte in collina ed in pianura, importante centro artigiano e commerciale è situato all'imbocco dell'Alta Valle del Vomano. Posto sulla sponda sinistra del fiume, ha l'aspetto di un anfiteatro con più ordini di case situate a scaglioni. Si divide in due parti: quella alta è situata sulla cima della collina e forma l'antichissimo paese il cui caseggiato si estendeva sino alla vecchia strada principale detta Beretra. La parte bassa è identificata nel borgo risalente al XIV e XV secolo. Verso la metà del XVI secolo sia il vecchio che il nuovo borgo furono cinti da mura. Il centro del paese era piazza del Mercato, prima largo San Francesco, poi piazza della Vittoria, per il glorioso combattimento dei montoriesi guidati dal Conte Camponeschi il 7 maggio 1486 contro il Duca di Calabria, figlio di Ferdinando d'Aragona, oggi piazza Orsini su cui si affaccia la Collegiata di San Rocco fatta costruire nel 1527 dalla Contessa Vittoria Camponeschi. Sulla stessa piazza troviamo il palazzo marchesale Camponeschi-Carafa con portale ed affreschi all'interno. Attraverso quella che anticamente fu una delle due porte di accesso al paese si raggiunge il vecchio lavatoio, nel cui pilastro sinistro è inserito il mascherone, nella piccola piazza detta della Conserva. Percorrendo via del  Forte  si raggiunge la sommità del colle dove troviamo i ruderi di Forte San Carlo, baluardo eretto nel 1686, destinato a reprimere le imprese banditesche, e mai portato a compimento. Percorrendo le viuzze del "Colle" si scende verso il centro e raggiunta l'antica via Beretra e, costeggiando la chiesa di San Filippo, si prosegue verso la cona della Madonna del Ponte. Al centro del vecchio ponte ci soffermiamo ad osservare l'antico borgo che, abbarbicato sulla collina si specchia nelle verdi acque del fiume Vomano. La presenza del fiume ha avuto da sempre una grande importanza nella vita della popolazione montoriese. Attraversiamo il fiume e raggiungiamo il Convento dei Cappuccini, complesso di grandi dimensioni costruito nel 1576 e situato fuori dalla cittadina su di una piccola altura. Ritornando verso il centro si raggiunge la "Fonte Vecchia" con il suo bel mascherone settecentesco, inserita in un emiciclo situato nel Quartiere dei Mulini: una breve salita ci porta in via Urbani, comunemente denominata "Strada di sotto", e nel percorso ci accompagnano portali in pietra di pregevole fattura e ci appare notevole la facciata cinquecentesca di palazzo carini, cui spiccano i due preziosi leoni. Proseguendo verso la piazza si giunge alla chiesa degli Zoccolanti, datata 1755, ed il suo annesso chiostro che conserva la struttura originaria nonostante le diverse destinazioni d'uso che ha avuto nel tempo. In piazza Orsini, oltre alla Collegiata di San Rocco, troviamo la chiesa di Sant'Antonio, che si presenta oggi nella veste di un riassetto recente, ma risale almeno al XV secolo. Un itinerario a Montorio non può prescindere da una visita alle numerose e suggestive frazioni comprese nel Comune, Altavilla, Brozzi, Collevecchio, Cusciano, Faiano, Leognano, Villa Maggiore, Schiaviano e Villa Vallucci che si caratterizzano per la varietà dei centri storici e la ricchezza di tradizioni che rendono questo territorio così ricco di fascino. Passeggiando per il centro storico del Comune di Montorio al Vomano ci si accorge della presenza di numerose strutture di interesse culturale tra cui spiccano le numerose chiese di notevole pregio storico-architettonico e che rivelano il nobile passato che questo caratteristico borgo evoca. Tra queste senz'altro merita una particolare attenzione la Chiesa di San Rocco del 1527 e organo del 1636 situata nella piazza principale del paese (piazza Orsini) e che ha una facciata composta da due corpi distinti che si raccordano con un leggero angolo. L'arredo consta di 4 monumentali altari di legno dipinto e dorato databili tra il XVII secolo e inizi XVIII, con tele di epoca precedente: una Resurrezione del 1530 e l'Ultima Cena del 1607. Nella sacrestia tra le altre è conservato un busto reliquiario ligneo e una statua d'argento di San Rocco. Di notevole pregio anche la Chiesa degli Zoccolanti, situata nel cuore del centro storico, che si presenta nell'assetto del 1755 ma della chiesa ci sono testimonianze ben più antiche. La facciata è rigorosamente semplice e spoglia, l'interno, a navata unica, è arricchito da un organo di legno dipinto e da 5 altari lapidei con decori e stucchi di stile rococò. Sull'altare maggiore, dove compare lo stemma dei Francescani Minori, è la statua lignea dell' Immacolata, opera datata 1696. Nel primo altare di destra vi è un quadro con S. Margherita penitente di ottima fattura. Nella sacrestia si conserva una interessante tela seicentesca con l'Immacolata e gli stalli lignei del coro policromo. Attiguo alla chiesa è il vecchio convento dei minori Osservanti. Questo è uno dei più antichi della regione, considerando che col titolo di Santa Maria degli Angeli, era stato fondato nel 1294 (in un luogo diverso dall' attuale) dal Beato Angelo da Cingoli. Il Chiostro è racchiuso da arcate che conservano, nelle volte, stemmi nobiliari settecenteschi e tracce di affreschi.  Ad occidente oltre il Vomano è situato il Convento dei Cappuccini con la Chiesa di S. Maria della Salute fondata nel 1576. La struttura architettonica della chiesa rispecchia le regole di povertà dei Francescani. La facciata, a coronamento rettilineo, in cui si apre una finestra ad occhio, è preceduta da un breve portico. La pianta è a navata unica absidata, fiancheggiata a destra da 4 cappelle e dai locali della sacrestia dovuti all'ampliamento seicentesco della chiesa originaria. Sotto il portico sono una serie di affreschi racchiusi entro riquadri le cui cornici fingono aperture di finestre. All'interno gli altari lignei risalgono risalgono alla prima metà del XVII secolo. Nell'abside, dietro l'altare maggiore si intravedono tracce di affreschi con dipinti di eleganti motivi fitomorfi sul fondo bianco. Sul lato sinistro della chiesa è posto il convento che rivela l'impianto del porticato nel cui centro è situato un pozzo. Le pareti della chiesa, del convento e dell'orto annesso al complesso sono in ciotolame di fiume con conci squadrati agli spigoli. Le coperture a pianterreno sono a volta a botte mentre al piano superiore a capriate lignee. Accanto alla Chiesa di S. Antonio, nella piazza principale del paese, è il convento che i Francescani erigono nel 1345; il chiostro ha archi tompagnati e al primo piano si notano le cornici rinascimentali delle finestre. All'interno della chiesa sopravvivono arredi del quattrocento e del cinquecento. Nel 1641 si fonda una cappella nella chiesa di San Filippo, tra il 1672 e il 1673 è intrapresa la costruzione della casa dei padri dell' oratorio di San Filippo nell'allora quartiere San Giacomo, luogo della Pieve, ex convento dei Domenicani. La Chiesa di Santa Giusta venne edificata nel 1681 ed è stata, per secoli, meta di importanti processioni. Sorgeva su una vastissima area e possedeva vari altari di cui ora rimangono solo misteriose resta. Per diversi anni fu luogo di sepoltura della città, particolarmente venerato dai montoriesi.
NEI DINTORNI: Nelle vicinanze di Montorio, nei pressi del torrente San Mauro, una stradina collinare ci conduce alla Chiesa di San Benedetto a Paterno, che il popolo chiama San Lorenzo; ad essa è annesso cenobio benedettino, ove per secoli si sono avvicendate schiere di monaci laboriosi come li esigeva San Benedetto, loro patriarca. Nella frazione di Leognano, annessa alla casa che ha dato i natali a Melchiorre Delfico, filosofo ed economista nato nel 1744, abbiamo l'opportunità di osservare una piccola chiesa che ci offre uno straordinario esempio di decorazione, del tutto, inusuale per un luogo di culto. Nella Chiesa di Santa Lucia di Cusciano troviamo tre altari di pregevole fattura artistica e sull' altare maggiore si venera una bella statua del Madonna col Bambino, e ai lati sono due colonne a tortiglione, nello stile corinzio, e tutte indorate. Attorno all'immagine centrale sono raffigurati i 15 misteri del rosario, attribuiti ai secoli XV-XVI. Il santuario mariano della Madonna della Sgrima, sorge sulla vetta della "Sgrima", nei pressi di Schiaviano, da cui prende il nome. Le origini della chiesa si confondono nella storia e attribuiscono la nascita della stessa ad opera di un miracolo simile a quello di Loreto. Per secoli il santuario è stato luogo votivo dei pastori nel periodo della transumanza.

Palinuro

PALINUROFrazione del comune di Centola, a 53 m s.m. alla base del promontorio omonimo. Nei suoi pressi è stata documentata, dalle vaste necropoli ricche di vasi greci e di produzione locale tra cui notevoli quelli geometrici policromi, l'esistenza di un antico centro sviluppatosi in età arcaica. Alla fine del sec. VI a. C. Palinuro coniò monete in alleanza con Molpa, ma la città sembra scomparire intorno al 500 a. C. o poco dopo. Secondo le leggende, questo piccolo paese incastonato tra gli scogli del Cilento ha preso il nome dallo sfortunato nocchiero (timoniere) di Enea, che cadde in mare proprio davanti a queste coste. Oggi Palinuro è un centro turistico molto noto, un po’ provato dall’intenso sviluppo edilizio, ma ancora incantevole per lo scenario naturale offerto dal mare e dalle sue coste rocciose. Sulle scogliere, le più belle della lunga costiera, si aprono numerose grotte (alcune accessibili solo in barca), tra cui la bellissima grotta Azzurra, e altre formazioni meno note come la grotta delle Ossa e la grotta Visco. Omonimo il promontorio su cui sorge, nella costa campana meridionale; il Cilento. È costituito da rocce calcaree strapiombanti sul mare e si spinge per circa 2 km nel Mare Tirreno presso le foci dei fiumi Lambro e Mingardo, nelle quali le acque hanno scavato numerose grotte, come la Grotta Azzurra.

Pisa

PISAAlle spalle il monte Pisano, all’orizzonte il mare, Pisa capoluogo di provincia della regione Toscana è attraversata dall’Arno, che sfocia poco distante. Fondata dai Liguri e abitata poi dagli Etruschi, deve la sua nascita come città ai Romani, di cui ci resta la pianta a scacchiera della città vecchia. Era all’epoca urbe lagunare, poiché sorgeva sul mare. Nell’alto medioevo fiorì divenendo un importante polo di scambi commerciali e potente Repubblica marinara. Nel XIII secolo la rivalità con Genova, che la portò alla bruciante sconfitta della Meloria nel 1284, e la continua lotta con le città guelfe della Toscana, ne segnarono il declino. In seguito, Pisa fu ricca signoria di Ugolino della Gherardesca, il podestà che ispirò a Dante uno dei più celebri passi dell’Inferno perché imprigionato con i suoi figli e i suoi nipoti e lasciato morire di fame nella casa-torre dei Gualandi, visibile ancora oggi. Ma dopo alterne vicende la città fu conquistata da Firenze, che per spregio mozzò tutte le case-torri della città, simbolo di potenza e supremazia, all’altezza della più bassa delle case-torri fiorentine. Pisa nel frattempo perse il suo porto che si era lentamente interrato. Con le nobili famiglie dei Medici e degli Asburgo-Lorena ebbe un momento di rinascita economica e artistica, prima di venir definitivamente annessa al Regno d’Italia nel 1860. Del suo tanto glorioso quanto complesso passato, Pisa offre al visitatore i suoi luminosi lungarni, cinti di nobili palazzi rinascimentali serrati fra loro, una ragnatela di piccoli vicoli medievali, e la verde Piazza dei Miracoli che riunisce i quattro capolavori del romanico pisano: la Cattedrale, il Battistero, la celeberrima Torre pendente che fa da campanile alla chiesa, e il camposanto monumentale.
Piazza del Duomo: È il massimo complesso monumentale della città. Sulla piazza prospettano la cattedrale, la torre pendente, il battistero e il camposanto. Non poteva avere nome più appropriato: Campo dei Miracoli. Perché di un prodigio si tratta, d’arte e di bellezza, emozionante romanico pisano racchiuso nel 1155 tra mura all’origine quasi fuori città. Con il Camposanto e lo Spedale Nuovo ai poli opposti, progettati nel ‘200 da Giovanni di Simone, è continuità asimmetrica dalla meravigliosa prospettiva. E ancora il battistero, il duomo e la celebre torre, distinti ma omogenei, costituiscono un ambiente di grande lirismo, dove si fondono evocazioni del mondo classico, giochi di colore, omaggi all’Oriente. Li accoglie un suolo già destinato al culto, evocato da rinvenimenti che narrano di un antico tempio etrusco, là dove oggi i turisti ammirano lo splendore fatto architettura, spazio e verticalità.
Duomo: È la più importante testimonianza dell'architettura romanico-pisana, iniziato nel 1064 da Buscheto e terminato nel sec. XII. Il duomo di Pisa può essere definito come un puro piacere architettonico celebrato da una chiesa, tanto da divenire scuola, di romanico definito pisano. Dedicato a S. Maria Assunta, eretto su progetto di Buscheto a partire dal 1073, come ricorda un’iscrizione della sua facciata, vede danzare sulle sue mura elementi del classicismo, paleocristiani, d’arte bizantina, lombarda, araba e normanna. Dobbiamo la facciata a Rainaldo, che la realizzò a doppio spiovente, dove le arcate cieche dell’ordine inferiore aprono la strada alle loggette ornate dei quattro ordini superiori. Dalle imposte bronzee dei tre portali le storie della Vergine e le storie del Redentore danno il benvenuto a chi visita la chiesa, così come le storie del Nuovo Testamento, incise da Bonanno Pisano sulla porta di S. Ranieri, schiudono la parte posteriore della cattedrale. L’interno a croce latina, dall’ampia navata centrale fiancheggiata da quattro navate laterali minori, ha transetto coronato dalle logge del matroneo e splendida cupola a forma di ellisse. Molti i suoi tesori; ricordiamo per tutti il meraviglioso pergamo marmoreo che Giovanni Pisano realizzò nel ‘300 in un evocativo tripudio di simboli e figure, i dipinti di Andrea del Sarto raffiguranti S. Agnese, Ss. Caterina e Margherita, Ss. Pietro e Giovanni Battista che insieme a una Madonna col Bambino di Giovanni Antonio Sogliani decorano le pareti del presbiterio, gli Angeli osannanti e musicanti di Domenico Ghirlandaio che ornano l’abside e gli episodi del Vecchio Testamento e storie della vita di Cristo ospitati dalla tribuna.
Torre pendente: Da sempre dire Pisa è nominare la sua famosissima torre pendente, il campanile romanico, per la precisione, alta colonna di marmo bianco dalla base a cieche arcate, sulla quale si impilano sei ordini di loggette, coronati da una cella campanaria cilindrica. Iniziata su progetto di Bonanno Pisano nel 1173, dopo poco più di dieci anni i lavori furono interrotti a causa del cedimento del terreno; ripresero con Giovanni di Simone 1275, anche se la costruzione della torre più famosa del mondo fu portata a termine solo nel sec. XIV da Tommaso Pisano. Rotonda, alta 55 m, è attraversata da ben 294 scalini che consentono di raggiungere la sua cima, cosa oggi non più possibile, a causa di un aumento pericoloso della pendenza. Da anni si prova a raddrizzarla e solo con gli ultimi interventi si è trovato modo di farlo, lentamente e pazientemente, ma qualora ci si riuscisse... sarà sempre la stessa?
Battistero: Anch’esso rotondo, anch’esso maestoso, di fronte alla cattedrale, che lo separa dalla torre, è il battistero di Pisa, crescendo verticale di decori sontuosi e linee morbide, culminanti nella cupola piramidale, con in cima una statua in bronzo del Battista. Il progetto, realizzato a partire dal 1152, si deve a Diotisalvi, Nicola e Giovanni Pisano. La sua mole marmorea ripete nella parte inferiore le arcate cieche del duomo e della torre, a guisa di greca ricamata che corre per tutta la piazza. Tra essa e la cupola, una loggetta con archi e colonne slanciate, sormontata da cuspidi e tabernacoli di stile gotico, che interrompono e completano questa splendida opera d’arte. All’interno dalla navata circolare, con volte sostenute da colonne e pilastri, sono uno splendido matroneo, un ottagonale e centrale fonte battesimale, un pergamo duecentesco di Nicola Pisano e diverse figure, allegoriche e religiose, a decorare archi, capitelli, parapetto.
Camposanto: Una volta sacro luogo per antiche spoglie, oggi posto d’arte: ecco il destino del Camposanto, splendido rettangolo romanico, che il Rinascimento ha visitato conferendogli rinnovamento e conclusione tardo gotici. Sul versante settentrionale del Campo dei Miracoli mostra marmoree arcate cieche, laddove all’interno rispondono quattro bracci porticati con archi a tutto sesto chiusi da quadrifore, a circondare il vecchio e centrale prato di sepoltura. E in onore a chi qui riposa, ecco le pareti completamente affrescate che nascondevano sinopie, oggi conservate nel Museo delle Sinopie dello Spedale Nuovo. Buffalmacco, Taddeo Gaddi, Bonaiuti, Veneziano, Spinello Aretino e Benozzo Gozzoli hanno realizzato questo capolavoro di pitture murarie e il loro spirito veglia le salme illustri, aiutato da antichi sarcofagi romani qui raccolti.
S. Maria della Spina: Ancora una chiesa lungo il fiume, splendida e decorata costruzione di gotico pisano, edificata nel ‘300 ampliando un piccolo oratorio preesistente: S. Maria della Spina. Si trova sul Lungarno Gambacorti, dove fu spostata nel corso del sec. XIX, pena la perdita di alcune strutture e decori originali. Nella facciata vi sono guglie, cuspidi, pinnacoli, edicole, una festa di marmo, dalle sculture d’autore, Giovanni, Andrea e Nino Pisano, ai quali si unì Giovanni di Balduccio: una copia della sua Madonna col Bambino fra due angeli campeggia in posizione centrale. L’interno ha una piccola navata che tre archi separano dal presbiterio. Di nuovo Andrea e Nino Pisano lo decorano: loro sculture raffiguranti S. Pietro e S. Giovanni Battista fiancheggiano una Madonna col Bambino a comporre un trittico meraviglioso all’altare.
Palazzo dei Cavalieri o della Carovana: In età medicea il Vasari trasformò l’antico centro della città repubblicana nella sede dell’Ordine dei Cavalieri di S. Stefano, fondato nel 1561 con lo scopo di liberare le coste del Mar Mediterraneo dall’afflizione della pirateria. Da qui deriva il nome del bel palazzo che si affaccia sulla piazza omonima, subito a sinistra della chiesa di S. Stefano. Oggi sede della Scuola Normale di Pisa, di origine napoleonica, il palazzo dei Cavalieri o della Carovana fu ricavato dall’architetto dal preesistente palazzo degli Anziani. Più volte restaurato e ingrandito nella parte posteriore, l’edificio si sviluppa su tre piani sovrastati dal tetto spiovente. Sulla colossale facciata spicca l’ottocentesca scala a doppia rampa. La finestra centrale è abbellita da un pregevole stemma mediceo-stefaniano e nicchie ovali coi busti dei granduchi di Toscana decorano le finestre vicine.

San Pellegrino Terme

SAN PELLEGRINO TERMECentro prevalentemente rurale, fino agli inizi del secolo, San Pellegrino Terme ha subito un'autentica trasformazione con la costruzione di ville ed edifici in stile Liberty: tra la fine dell’‘800 e l’inizio del ‘900, in piena Belle époque, questo centro termale diventò il più noto e frequentato dall’aristocrazia bergamasca. Il palazzo della Fonte, edificio liberty del 1905, è il più rappresentativo del paese. Lungo il corso del Brembo (Bassa Val Brembana è il comprensorio su cui sorge) sono nati grandi alberghi in stile liberty, ricche ville private, ristoranti e caffè: un insieme che ancora mantiene tutto il fascino e l’eleganza dei primi anni del secolo. Come in tutte le città termali, il turismo è favorito dalla presenza di acque minerali solfato-bicarbonato-alcaline, particolarmente indicate come bevanda nella cura delle calcolosi, della gotta e dell'iperuricemia, e dall'efficienza delle attrezzature ricettive, sportive e di svago.

Tursi

TURSISu un rilievo argilloso, tra le valli dell’Agri e del Sinni, si trova il borgo agricolo che produce arance, uva da vino, olive, ortaggi e frutta. La chiesa della Rabatana testimonia nel nome un trascorso saraceno (rabat in arabo significa “borgo”). L’edificio ha un portale del sec. XIV, mentre quattrocentesche sono le opere pittoriche custodite al suo interno. Paese di probabile origine araba, suggerisce al turista la visita ai resti delle fortificazioni, alla Cattedrale, alle chiese della Rabatana, di S. Filippo Neri e al santuario di s. Maria d'Anglona. Tursi candida e solenne conserva il fascino poetico del paesaggio lucano fatto di colori improvvisi, di castelli leggendari e di cattedrali maestose. Le sue case immerse in verdi colline profumate di rosmarino e fiori di ginestra si snodano come in un bianco presepe. I valichi e i burroni che la circondano sono ingentiliti dalla presenza di vestigia del tempo passato. La personalità volitiva dei suoi abitanti non solo si esterna nelle sue opere poderose dei contrafforti e dei ponti che legano un valico all'altro e ingabbiano le timpe ma anche nei prodigiosi giardini dove splendono gli agrumi che colorano il paesaggio di frammenti solari. Teatro sin dall'Alto Medio Evo di eventi di grande importanza nella storia del Mezzogiorno, fu capitale della Provincia Bizantina e punto di aggregazione di una folta comunità saracena. Pur abitata dai Greci e probabilmente dai Longobardi, Tursi ha un quartiere: la Rabatana che richiama ad origini arabe e che sovrasta l'intero abitato. Tursi con la sua storia millenaria serba ancora impercettibili segreti ad iniziare dalla sua lingua (o dialetto), nota ormai dappertutto ed e' nella sua complessità, la terra del ricordo che pervade l'opera del poeta Albino Pierro. Girovagando tra le strette e tortuose viuzze che salgono dal vociare della centralissima via Roma, sino ai silenzi della Rabatana, si tocca con mano una storia lunga ed affascinante. L'antica Cattedrale di Santa Maria Maggiore è ubicata nel borgo antico, in Rabatana: delle strutture medioevali non resta nulla ma al di sotto della fabbrica settecentesca è conservata la cripta costruita intorno al IX-X secolo ad opera dei Basiliani. E' costruita da due cappelle. Nella prima vi sono affreschi di Giovanni Sabatino (1547-1550) dedicati ai Santi Apostoli ed a Dottori della Chiesa di ispirazione rinascimentale; vi è un sarcofago con lo stemma di Genova in bassorilievo, rappresentante il S. Giorgio (dal 1535 infatti, Tursi fu feudo dei Doria); un altare dedicato a S. Maria Maddalena. Nella seconda vi è un presepe in pietra di grandissimo effetto costruito tra il '400 e il '500 da Altobello Persio. In questa chiesa si venera la Madonna dell'Icona, attributo che le deriva da un trittico del '300 della scuola di Giotto rappresentante la Vergine con il Bambino al centro ed ai lati S. Giovanni Battista e la Maddalena.