SPECIALE 40 ANNI DI GIOCHI
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Giochi senza frontiere … quarant’anni dopo

Ecco un articolo pubblicato alla vigilia dell’edizione del 1967 quando per la prima volta le squadre si ritrovavano insieme in un unico campo di gara per disputare i giochi. L'articolo enfatizza lo stato d'animo dei concorrenti a giochi ultimati: ma ci si divertiva davvero tanto?

A Montecatini si incontrano per la prima volta sei Paesi Europei per giocare

«C’eravamo lasciati l’anno scorso (1) con una certa tristezza. La mattina dopo sul campo sportivo di Montecatini un vento malinconico trascinava brandelli di palloncini e mucchietti di paglia. I tecnici ritrovavano i cavi, riponevano le telecamere nei loro impermeabili cerati, smontavano i trabattelli delle luci. Un pallido sole autunnale illuminava i nostri commiati ed anche i nostri rimpianti. Era calato il sipario su questa specie di grande circo internazionale che si chiama "Giochi senza frontiere". I gladiatori, i leoni, i concorrenti impetuosi, i campioni ginnasti, gli automobilisti spericolati erano già usciti di scena. Rimanevano le gabbie, le cabine di vetro, le intelaiature dei giochi, le automobili ammaccate, le gallerie di legno con qualche palloncino attaccato ancora alle cordicelle. Dopo le ultime polemiche garbate, le ipotesi, i rammarichi, ci salutammo tutti come vecchi compagni d’arme al termine di una campagna. E quest’anno rieccoci qua di nuovo, con la gioia di incontrare i vecchi amici, di rivivere tutti insieme quegli attimi spasmodici, interminabili, ossessionanti e piacevoli nello stesso tempo. Abbiamo ricominciato le vecchie discussioni. Parliamo, cavilliamo, precisiamo per delle ore di piani inclinati, di scale bilanciate, di palloni, di getti d’acqua, di sapone scivoloso. Non sembra una cosa seria, ma invece lo è maledettamente. I "Giochi senza frontiere" di quest’anno (2) sono assai più complicati. In ogni città sede di trasmissione si scontrano sei squadre di sei nazioni diverse. Una specie di "piccola olimpiade" di tapis roulants, torte in faccia, torelli infuriati e palloni che scoppiano. Se l’anno scorso le spie segrete, gli agenti "007" si dettero da fare, quest’anno la corsa a scoprire le tecniche e gli assi nella manica degli avversari si farà certamente tumultuosa. Nel sottobosco dei Comitati Cittadini si aggirano assessori serissimi e segretari comunali che hanno il compito di fotografare e registrare le mosse dei "nemici". Ognuno ha le sue tattiche, i suoi "colpi gobbi", i suoi campioni segreti, i colpi di scena dell’ultima ora. A Montecatini si sussurra che il Sindaco abbia sulla sua scrivania una serie di telefoni in collegamento diretto con i paesi avversari. E mentre Raoul Bellandi, detto "El tigre di Giochi senza frontiere" si aggira per la città con passi felpati tessendo sottili trame di ragno, il comandante Terreni controlla con pugno di ferro la situazione. Siamo di nuovo nel clima di un tempo. Il grande circo ha levato di nuovo le sue tende. Le sue gabbie sono sei volte di più, e tanti di più i palloni, i trampolini, le scale, i palloni colorati, le passerelle, i canguri. Si stanno cercando con frenesia i leoni, gli acrobati, gli equilibristi, i mattatori. Questa volta anche gli inglesi, in attesa di entrare nel Mercato Comune, si sono associati a questo piccolo Mec della confusione e dell’allegria. Allo scattare dell’ora x, dopo la sigla dell’Eurovisione, rulleranno i tamburi in questo simpatico carosello di nazioni. E non resta che augurarci che presto le contese internazionali vengano regolate in questo modo: su piani inclinati cosparsi di casalingo, scivoloso sapone nero (3)».

«... Montecatini eurovisiva ha incantato e conquistato amici di quell’impero di settecento milioni di uomini che, con un poco di buona volontà, potrebbe chiamarsi Europa. Ha giocato col garbo, l’entusiasmo, l’ospitalità che le sono proprie...e quest’anno Montecatini rigioca. In quelle Olimpiadi di quiz che si chiamano "Jeux sans frontiréres". Non ho chiesto, alla Televisione, in quest’annata professionalmente abbastanza dura, che una grazia e un piacere. Non correrò per l’Europa, non presenterò nessuna altra squadra italiana, ma per Montecatini ho chiesto di essere l’alfiere. E mi è stato concesso. Avrò dunque ancora il piacere di essere accanto, in una sera di luglio, agli uomini, credo davvero di poter dire agli amici più cari incontrati dopo anni di vagabondaggi televisivi. Gli unici, credo, in grado di poter ringiovanire anche il sottoscritto, precocemente telegenario».

(1) Nel 1966 Montecatini passa il primo turno di qualificazione vincendo sulla rivale Mentone, Francia. Nella semifinale viene eliminata per una manciata di punti dalla tedesca Eichstadt. Questa città poi vince la finale. Leggiamo adesso un articolo significativo apparso sul Giornale di Vicenza, il giorno della finale. «Chi vincerà la finalissima di Giochi senza frontiere? E’ una domanda forse impropria, perché da questo originale torneo escono, in un certo modo, tutti vincitori. Infatti i partecipanti, in questo caso le cittadine italiane, francesi, tedesche e belghe, hanno tutte guadagnato milioni di ammiratori che prima, in molti casi, ignoravano non solo i loro pregi storici e artistici, ma addirittura la loro stessa esistenza. Giunti alla fase conclusiva della serie, si può dire con sicurezza che il bilancio è stato positivo, al di là di ogni considerazione nazionalistica. Certo, l’animatore delle gare è stato lo spirito agonistico per cui ogni città ce l’ha messa tutta per raggiungere la vittoria; ma le competizioni hanno fatto scattare interessi prima inesistenti, stimolando una conoscenza reciproca di carattere umano tra  comunità tanto diverse per situazione geografica, abitudini e lingua. Questo rapporto è stato reso più concreto dal fatto che ogni comune ha ospitato durante le gare una nutrita rappresentanza della città avversaria. Sin dalle prime puntate di questi Giochi senza frontiere i rapporti stabilitisi tra i concorrenti si sono estesi al di là delle gare, creando un vero e proprio dialogo che, altrimenti, non sarebbe mai sorto. Le barriere di lingue sono state abbattute dal senso sportivo, mentre una platea veramente enorme, di milioni, ha imparato qualcosa. I tedeschi hanno saputo che in un verdeggiante angolo d’Italia esiste una cittadina che si chiama Todi. Mentre, gli italiani hanno scoperto le caratteristiche di Malmedy, di Mentone, di Etichstaett. L’Italia ha partecipato con cinque città, come le altre nazioni, e cioè con Tivoli, Montecatini, Alassio, Todi e Procida. Alla città vincitrice è giusto che vada l’ammirazione di chi ha seguito la trasmissione, abilmente pilotata, per l’Italia da Enzo Tortora e Giulio Marchetti. Comunque tutte le municipalità possono essere certe di avere oggi molti amici e perché no, molti ammiratori di più,  grazie a "Giochi senza frontiere"»., Il Giornale di Vicenza, 14-09-1966, p. 11. Per la bellissima puntata di Procida cfr. Voix du Nord, "Malo en demi-finale de Jeux sans frontiéres. Les Malouins ont écrosé Procida par 10 points à 0", 15-09-1966.

(2) Cfr. La Nazione, "Montecatini batte l’Europa sulla piazza dei Miracoli", di Laura Griffo, 27-07-1967, p. 8. Alcune battute: "...Spenti i riflettori che intarsiavano di ricami stupendi i "miracoli" della piazza pisana, tutta trine e pizzi che si stagliavano sul buio circostante in uno splendore inimitabile, atleti, riserve, comparse, esperti di vario tipo, ospiti d’onore, tecnici e l’affollata troupe di gente variamente indaffarata che trafficava intorno allo spettacolo hanno sciamato per Pisa, soddisfatti della fatica compiuta. Qualche signora di mezza età sosteneva che una confusione simile, nelle notti pisane, non l’aveva rivista da ventiquattro anni esatti... Asserragliate anche, con cordiale simpatia, alcune giovani gareggianti francesi, in particolare le due biondine, che avevano continuato ad allenarsi, in costume da bagno,  per tutta la giornata nella piscina sorta nella Piazza dei Miracoli, al gioco dei trampoli... Ecco, al momento del via, Enzo Tortora ai piedi della torre pendente, alle prese con la battaglia dei "calabroni", che sono tre palloncini manovrati col filo, e ciascuno dotato di un pungiglione... Altro gioco, ambientato allo stadio comunale, presenta Renata Mauro: il gioco dei "rulli": grossi rulli di legno mossi da un signore che vi cammina dentro, e sui quali alcuni concorrenti, prudentemente legati ad una robusta catena, debbono muoversi velocemente per conquistare, ai due estremi del percorso obbligato, indumenti da indossare nella scomoda posizione... Gran finale pittoresco con il gioco delle "piramidi"... si doveva conquistare una "torre di Pisa"... Montecatini con 45 punti si è assicurata la vittoria. Tripudio, Renata Mauro soffocata dall’emozione, concorrenti montecatinesi che si abbracciano, popolo festante, fanfare che squillano...". Cfr. Anche il quotidiano belga  Le Jour, "Jeux sans frontiéres à Pise", 26-07-1967, p.3. E’ un’intera pagina dedicata ai Giochi con diverse fotografie.

(3) Quest’articolo, scritto da Roberto D’Onofrio, e quello successivo, scritto da Enzo Tortora, sono raccolti nell’opuscolo: "Programma dei Giochi" edito dal Comitato di Montecatini Terme, 1967.